Duomo

In origine era la chiesa di sant'Agostino edificata nel 1258 dall'ordine agostiniano con l'annesso convento oggi Palazzo Episcopale. Nel 1819 fu scelta come sede della cattedra vescovile e dedicata ai santi Andrea apostolo e Secondo martire quando Pergola fu elevata a diocesi insieme a Cagli. Della costruzione medievale rimangono solo la torre campanaria romanico-gotica e pochi altri elementi. Tra Sei e Settecento l'edificio ha subito modifiche e ampliamenti assumendo l'odierno aspetto barocco e neoclassico.

L’interno presenta tre navate con preziosi altari in legno intagliato e dorato.

Il primo altare della navata sinistra accoglie la tela baroccesca attribuita a Terenzio Terenzi detto il Rondolino (1575-1621), raffigurante l’Elemosina di San Tommaso da Villanova.

La tela del secondo altare, di certa derivazione dalla Scuola di Claudio Ridolfi, raffigura la Decollazione di San Giovanni Battista.

Il terzo altare ospita una tela raffigurante il Transito di San Giuseppe di Scuola Marchigiana del XVII secolo. Accanto, prima della porta che conduce al chiostro dell’Episcopio, troviamo un Crocifisso in terracotta dipinta, della prima metà del XVI secolo restaurato recuperando abilmente centinaia di frammenti.

Nella nicchia dell’altare di fondo della navata sinistra si trova il gruppo ligneo dipinto e dorato dell’Angelo Custode con Tobiolo (sec. XVII).

Sulla destra dell'altare maggiore è visibile il Crocifisso dipinto su tavola, tempera grassa su legno di pioppo, del XIV secolo attribuito a Mello da Gubbio.

Le pareti del presbiterio accolgono due grandi tele del pergolese Giovanni Francesco Ferri (1701-1775) raffiguranti il Martirio dei Santi Secondo, Agapito e Giustina e l’Arrivo a Pergola delle Reliquie dei Santi Protettori.  Nel catino dell'abside è presente la Gloria dei Santi Protettori, in legno dorato, scolpita dall’eugubino Carlo Calandri (1675-1759). Sull'altare maggiore in marmi pregiati è esposto il Reliquiario del Capo di San Secondo, fine lavoro di oreficeria gotica in rame dorato, argento e smalti del XV secolo. È uno dei pochissimi esempi di oreficeria quattrocentesca ancora presente in territorio pesarese, la parte più antica è da ritenersi la testa che si fa risalire al periodo della Signoria dei Malatesti quando nel 1401 Pergola attua il riconoscimento delle reliquie di san Secondo patrono della città.

Nella cappella del Sacramento ci sono due pregevoli tele: l’Ultima Cena riferita in alcuni scritti antichi a Federico Barocci (1528/35-1612), poi indicata come copia eseguita da un allievo, forse  Gian Andrea Urbani (?-1632), nei primi anni del 1600 dall’originale del maestro oggi nella cappella del Sacramento della cattedrale di Urbino e Cristo Crocifisso con Angeli di Luca Giordano detto il “Fapresto” (1634-1705) di Napoli.

A seguire troviamo la cappella Graziani, innalzata nel 1652, che accoglie sullo sfarzoso altare barocco la splendida tela della Madonna della Ghiara e San Giorgio attribuita a Jean Boulanger (1606-1660), attento discepolo di Guido Reni. La nobile famiglia pergolese dei Graziani, per lungo tempo a servizio della casata Estense dei duchi di Modena, diede i natali all’illustre letterato e statista Girolamo (1604-1675) autore del poema cavalleresco Il Conquisto di Granata. Nella cappella sono conservati i ritratti di famiglia, rari esempi di pittura funeraria del XVII secolo di Scuola Emiliana. È qui addossata alla parete destra la Macchina Processionale dei Santi Protettori, in legno intagliato e dorato in stile tardo barocco realizzata da Gaetano Rovesi nel 1744 e dorata da Domenico Giuseppe Ferri nel 1745.

In sacrestia, tra le altre opere, risalta l’ampia tela della Madonna con il Bambino e i Santi Secondo, Agapito e Giustina attribuita a Giovanni Anastasi (1623-1704) di Senigallia.

Il terzo altare della navata destra accoglie la statua lignea della Madonna dei Sette Dolori, impreziosita da sette spade d’argento, realizzata nei primi decenni del XVIII secolo con ai piedi il Cristo Morto in legno di fico policromo, di anonimo artista marchigiano del XVII secolo.

Il secondo e il primo altare della navata destra presentano due statue devozionali rispettivamente del Sacro Cuore e di santa Barbara protettrice dei minatori.

Nella controfacciata si nota un Crocifisso ligneo seicentesco il cui anonimo scultore si ispirò con molta probabilità ad Alessandro Algardi.

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